Viaggio ad Abu Dhabi e a Dubai
Da Tuttoleone 04-2019, il racconto del viaggio fatto con l’Associazione Culturale negli Emirati Arabi Uniti
(Da Tuttoleone 04-2019)
Non è un diario dettagliato, ma un po’ un cocktail di impressioni personali su un bel viaggio fatto con l’Associazione Culturale negli Emirati Arabi Uniti. Marika è partita ugualmente, dopo la morte della sua mamma, seppure avvenuta in modo dolce e all’età di novant’anni, quindi con l’animo triste, ma anche con tanta voglia di guardare un mondo nuovo e straordinario pensando a lei…
Mercoledì 30 ottobresi parte. È una grigia mattina d’autunno, minaccia pioggia, ma non fa freddo: laggiù ci attendono più di 30 gradi. Arriviamo all’aeroporto di Dubai e poi in albergo ad Abu Dhabi a tarda sera.
L’indomani facciamo un po’ di chilometri in pullman per raggiungere la località di Al Ain e visitare due forti, quello di Al Jahili e quello di QasrAl Muwaiji: sono costruzioni non molto alte, del colore della sabbia, ben conservate. Nella seconda viene ripercorsa con foto, documenti e persino una poesia, la vita dello sceicco Khalifa bin Zayed, il padre della Patria. Durante la sosta in un’oasi, in mezzo a palme da dattero, alberi di agrumi e resti degli antichi sistemi di irrigazione, non manca l’emiratino locale che ci vende datteri, non senza essersi prima esibito nella scalata a piedi nudi sulla palma, secondo i vecchi metodi per la raccolta dei frutti. Applauso, assaggi e compere di rito.
Il Venerdìè prevista la visita al Louvre Abu Dhabi, un museo straordinario: straordinaria la moderna costruzione architettonica di Jean Nouvel, con la cupola bianca fatta da intrecci che lasciano passare la luce in un gioco continuo e mutevole; straordinari gli spazi interni, vasti, luminosi, con ampie vetrine che accolgono le opere; straordinarie le opere che provengono da tutto il mondo, da tutti i tempi, da tutte le civiltà, ordinate per aree tematiche più che per cronologia.
Non mi risulta facile, a volte, capire i collegamenti logici di alcuni allestimenti… ma c’è davvero il mondo! C’è l’ala delle grandi civiltà, quella delle religioni, dei grandi imperi, della cosmografia, delle corti. C’è la piccola madre con l’abito di lana che sorride dal 2.000 a.C., c’è una Madonna del Rinascimento, ci sono Manet, Modigliani e Picasso, ma anche un sarcofago egizio e uno Shiva danzante…
Dopo il pranzo, sempre speziato, appetitoso e piacevole momento conviviale tra noi 77 viaggiatori, ci prepariamo per la visita alla Moschea.
Le guide ci dicono che siamo di fronte ad una delle più grandi moschee al mondo, dopo quelle della Mecca, di Medina, di Algeri… Per raggiungerla ci sono rigorosi sistemi di sicurezza, un attento controllo dell’abbigliamento, delle donne soprattutto (dobbiamo essere coperte dalla testa ai piedi) e un lungo percorso. Questo tratto mi colpisce in modo particolare: sembra di essere negli immensi spazi di un grande aeroporto, con negozi, servizi, scale e percorsi mobili; i pavimenti sono lucidi, il personale ai controlli numeroso e severo verso la folla che tenta di avanzare veloce verso l’uscita. Alla fine, ci troviamo davanti ad una imponente costruzione bianca, con colonne candide e capitelli d’oro, ceramiche con grandi disegni di foglie e rami, fiori e frutti rossi, cupole sempre bianche, marmi ovunque provenienti – come ci dicono – dalla Cina (la nostra guida con ironia commenta che non sarebbero bastate le nostre Alpi Apuane di Carrara per dare tutto il marmo necessario).
Siamo al tramonto. La luce si fa rossa e la voce del muezzin si alza nell’invito alla preghiera della sera. Ci avviamo a vedere la grande sala con l’immenso tappeto verde e la parete con il nome di Allah e i novantanove aggettivi che lo definiscono. Lo spazio per il centesimo attributo è vuoto, perché il fedele lo conoscerà solo alla fine del tempo, quando sarà al suo cospetto. Avanziamo in gruppo o in fila (qui è consentito tenere le scarpe), ma lungo il percorso, a un certo punto, alcuni si staccano, tolgono le scarpe ed entrano nella sala della preghiera. Mi fermo un attimo a guardare: sono fedeli, tutti uomini, molti sono giovani, con tuniche bianche lunghe e diritte da emiratini o tunica con spacchi laterali e sotto pantaloni larghi da Pakistani, copricapi diversi, kefiah da Sauditi o da Palestinesi o non so… ma impressionano i volti seri, la pelle ambrata, gli occhi lunghi e scuri, il passo agile e veloce.
Ritorno ai pullman e ora via verso Dubai!
Dubai è incredibile, esagerata, emozionante.…
È incredibile perché, in meno di cinquant’anni e grazie a tanto petrolio, dal deserto è nata una città di tre milioni e mezzo di abitanti, con una selva di grattacieli e strade a quattro corsie, di centri commerciali, aziende, banche, servizi, hotel e ristoranti, giochi di luce, fontane con acque che danzano a comando… popoli di tutto il mondo.
È esagerata perché tutto è immenso e superlativo: il più grande, il più lungo, il più alto, il più moderno, il più lussuoso, il più caro… il più bello? questo non lo so. E’ esagerata perché tutto è immenso e superlativo: il più grande, il più lungo, il più alto, il più moderno, il più lussuoso, il più caro,….il più bello? questo non lo so. L’anno scorso, proprio negli stessi giorni e con la nostra Associazione Culturale, ero davanti ai templi greci di Selinunte, in Sicilia, al loro silenzio che dialoga con l’ Eternità. Ecco, io sessantenne, con le mie nostalgie classiche e la mia pigrizia verso la tecnologia, sono più affascinata da quella magia.
È però emozionante salire sulla torre Burj Kalhifa, la più alta del mondo. Gli ascensori ci portano al 124esimo piano, e siamo solo a metà, la punta è una cuspide che buca il cielo. Da quassù si vede come i mille grattacieli nascano dal deserto, come il mare ospiti piatte isole artificiali, come ci siano altre decine di cantieri: tutto è nuovo e mutevole. Chissà come, mi viene da pensare alla biblica Torre di Babele, alla grandezza dell’ingegno umano, ma anche a volte alla umana arroganza. Un’amica mi scatta una originale foto in cui sono appoggiata ad un vetro colorato con grandi ali rosse: l’effetto è di farfalla.
Vorrei mantenere questa leggerezza e la voglia di volare.
La serata si conclude con cena a bordo del Dhow, la tradizionale imbarcazione usata un tempo dai pescatori di perle e ancora adesso da chi va a pescare nel Golfo Persico o si spinge fino all’Oceano Indiano. Siamo nel “creek” di Dubai: mangiamo e navighiamo lenti sotto una nitida mezza luna in un cielo limpido e scuro e tante luci intorno, di altre barche vicine, dei grattacieli più lontano.
La Domenica ancora un giro nel quartiere vecchio: vicoli, un piccolo albergo, una piazzetta, poi il quartiere indiano con i suoi luoghi di culto e negozi che tentano invano di catturarci, ma il nostro gruppo, dopo un breve percorso su Taxi d’Acqua, punta al Souk delle spezie e dell’oro. Qui ci disperdiamo. Zafferano dell’Iran, indaco e cannella, cardamomo e datteri e poi pashmine di cachemire e di seta, gioielli d’oro e d’argento, pietre preziose, piccoli dromedari portapillole, borsettine scintillanti…
Fa caldo, sono i nostri ultimi momenti in questo mondo colorato e vivacissimo: ce lo godiamo, comprando, contrattando, scambiando qualche parola anche in Italiano con qualche negoziante. Ma in questa Babele di popoli, è l’Inglese la lingua che tutti accomuna.
Si torna in una Milano freddina, negli occhi ancora lo stupore per le cose straordinarie che abbiamo potuto vedere, nella mente tante domande …
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggermi e… alla prossima!
Marika Parati