Il prof. Pozzi in un’intervista del 1991
Grazie al supporto della biblioteca dell’Istituto Leone XIII pubblichiamo un’intervista al prof. Francesco Pozzi, scomparso pochi giorni fa, da Tuttoleone del 1991.
Intervista di Alessandro Barzaghi, in: Tuttoleone, n. 1 del marzo 1991
Che cosa è stato definito nel Convegno Docenti Medie e Licei di Gressoney 28-31 Agosto 1990?
Nei due convegni analoghi dell’Ottantanove e del Novanta i docenti del Leone, distinti secondo le diverse discipline, hanno studiato i contenuti, i metodi di insegnamento e soprattutto le valenze educative delle proprie materie ed hanno riconosciuto come fine del proprio insegnare non solo e non tanto la trasmissione tecnica dei contenuti delle proprie discipline, ma la formazione della persona.
L’insegnamento delle materie stesse deve cioè essere funzionale alla crescita dell’alunno come persona.
È stata una presa di coscienza certo non del tutto nuova, ma di importanza fondamentale.
A chi e a quali principi si è rifatto e si rifà nel formulare il suo metodo didattico?
Anzitutto sono convinto di quanto appena detto.
Ne consegue che al centro del processo educativo va collocato l’alunno, che mai dovrà essere l’oggetto pressoché passivo, ma protagonista della propria crescita; importante è formare classi i cui alunni non siano soltanto ben preparati nelle diverse materie, ma attivamente impegnati in un lavoro di ricerca culturale, aperti ai problemi del nostro tempo, ricchi di valori, destinati a crescere come uomini responsabili perché soggetti attivi del loro stesso crescere…
Vi è una diatriba che talvolta ci distingue alquanto, al Leone, senza dividerci, tra fautori di una scuola più o meno esigente; ma io credo che la scuola esigente nel senso più vero sia questa, che esige o si propone la crescita globale del giovane a noi affidato. Utopia? Forse. Ma parecchie delle classi di maturità uscite negli ultimi anni dal Leone avevano non pochi caratteri di quelli elencati.
C’è chi però ha notato che la cultura poco attecchisce sui leoniani…
Non solo sui leoniani: è un fenomeno che ricondurrei all’opzione oggi in atto, nel mondo occidentale almeno, dell’avere sull’essere.
Tuttavia se Il docente sa evidenziare meglio le valenze educative della sua disciplina e cogliere le occasioni di cultura che gli offre il mondo esterno, in breve la classe gli risponde e si trasforma in una officina di cultura in cui quasi tutti gli alunni si lasciano volentieri coinvolgere.
Penso soprattutto al ruolo dei docenti di italiano ed di storia ed il filosofia, ma non solo.
Che rapporto ha con i suoi alunni?
Questa domanda andrebbe posta a loro. Comunque, eccellente.
Ci sono dei momenti in cui pensa seriamente di rivedere le sue idee sulla didattica, e se sì, le capita spesso di mutare una parte del suo metodo?
Durante i miei trenta anni di insegnamento al Leone ho imparato tante cose, da alcuni padri, eccellenti educatori e formatori di educatori, da ottimi colleghi e, perché no, dagli alunni, insegnando.
Occorre sempre aggiornarsi e modificarsi… “chi si ferma è perduto” disse già qualcuno prima di me.
Il latino e il greco: come desidera che i suoi alunni li imparino? Hanno applicazioni pratiche?
Soprattutto nel triennio è bene che l’acquisizione delle due lingue avvenga attraverso la lettura di testi più che attraverso un apparato di regole teoriche.
Così si consegue una capacità di comprensione degli autori nella lingua originale e la valenza educativa di questa capacità non è indifferente: si pensi alla educazione del gusto e del giudizio estetico attraverso la lettura dei poeti e alla possibilità di costruire le figure e i momenti storici attraverso la lettura delle fonti.
Molte occasioni culturali offre poi lo studio delle due letterature.
Ci dovrebbe bastare che le lingue classiche diano il loro contributo alla formazione dell’uomo, al di là delle applicazioni pratiche.
Nella scuola si può vincere o perdere?
È vincente colui che vi cresce come persona matura e responsabile; chi invece si preoccupa solo di poter iniziare attraverso l’affermazione negli studi la propria scalata sociale, non credo che sia il vero vincente, e la vita di solito si incarica di dimostrarlo.