Familiari delle vittime ed ex terroristi, tra contestazione e alternativa
(fonte: pagina facebook Gesuiti, romasette.it)
Un gruppo di persone, vittime e responsabili degli anni ’70, gli anni della lotta armata, si sono incontrati e hanno condiviso con molta intensità un cammino di ascolto, dialogo e confronto
di P. Guido Bertagna S.I.
Dei 55 giorni terribili e laceranti del sequestro di Aldo Moro, giorni costantemente segnati dalla permanenza nella memoria di tutti delle immagini delle persone della sua scorta uccise in via Fani, forse si rischia di dimenticare proprio le parole, quelle delle lettere di Moro, per esempio. All’amatissima famiglia, ai compagni di Partito a personalità delle istituzioni. Le parole molto forti che il 24 aprile 1978, «quasi all’ora zero», quando «mancano più secondi che minuti», scrive a Zaccagnini: «Io ci sarò ancora come un punto irriducibile di contestazione e di alternativa».
Quello raccontato nelle pagine di “Il libro dell’incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto” (Bertagna-Ceretti-Mazzucato) si potrebbe definire anche uno dei modi in cui le parole profetiche di Aldo Moro sono diventate vita, carne, cammino. Un cammino di (ri)scoperta dell’altro. Un cammino che si è posto come «contestazione e alternativa»: all’indurimento della memoria, all’idea di avere pagato con l’espiazione della pena il proprio debito, alla fissazione nel risentimento e nel dolore subito o inflitto. Un cammino che ha cercato di non lasciare alla morte l’ultima parola. Oltre l’evidenza immediata (ma troppo spesso superficiale) degli eventi, oltre quello che è stato consegnato alla cronaca, oltre l’immagine consueta delle persone e dei passaggi della storia che hanno dolorosamente consegnato tante vite a una cronaca indelebile e sempre uguale a se stessa.
Un gruppo di persone, vittime e responsabili degli anni ’70, gli anni della lotta armata, si sono incontrati e hanno condiviso con molta intensità un cammino di ascolto, dialogo e confronto, un confronto a tratti aspro, duro, senza sconti. Un cammino che ancora prosegue, cercando nuove vie. Il gruppo nasce il 7 dicembre 2008. Ma il solco del cammino che ha preso inizio da quel primo momento condiviso è stato tracciato da un lungo tempo di ascolto delle storie e da incontri costruiti gradualmente, con il lavoro lento di un artigiano, un lavoro che ha permesso di porre basi profonde, di poterci avvicinare con rispetto gli uni agli altri, e, in tanti momenti, di poter ascoltare l’intimo dell’altro, seguire i movimenti profondi dei suoi pensieri, della sua memoria, della sua storia e del modo di raccontarla. Un cammino che ha restituito a diverse persone «una grande libertà».
Nota Franco Bonisoli: «Trovare un dialogo umano con le vittime prodotte dalle nostre azioni passate è sempre stato, per me, uno dei punti fondamentali, anche se non avrei mai fatto nulla per forzare questo dialogo. Ho pensato: ci sarà un tempo, e il Gruppo è stato questo tempo. Per me è stata un’iniziativa essenziale sul piano umano: ho coinvolto tutta la mia famiglia, compresi i miei figli, che hanno potuto dare una spiegazione diversa alla mia scelta passata. Credo molto a questo percorso. Mi ha dato una grande libertà».
Da parte sua Ernesto Balducchi rilegge questo cammino come una tappa decisiva nella presa di coscienza delle proprie responsabilità: «Quando sono stato contattato e ho appreso dell’esistenza del Gruppo, mi è sembrato subito di aver trovato qualcosa che mi mancava: la possibilità di dare un mio contributo ad attenuare, a lenire ferite che avevo contribuito ad aprire. Di poter completare l’assunzione di responsabilità sulla mia vicenda personale coerentemente con le scelte precedenti».
In questo modo, abbiamo cercato, insieme, di andare oltre «le porte girevoli del dolore e del rimorso». Infatti, ci ha aiutato a capire Agnese Moro, «è come avere dentro un elastico. Si va avanti, si cresce, si invecchia. L’elastico si è allungato e ci ha lasciato la possibilità di arrivare fino a oggi, ma a ogni istante un’immagine, un pensiero, un profumo, un luogo possono far scattare l’elastico e riportare istantaneamente indietro. Cosa farà questo elastico? Continuerà a tendersi all’infinito e non potremo mai più essere liberi dall’orrore e dalla morte? Bisogna sciogliere l’elastico, delicatamente, senza perdere nulla, né di ieri, né di oggi. Bisogna ricordare perché lo si vuole, per amore».