Cosa sta davvero cambiando nel mondo del lavoro?
(fonte: Ex-News 01-2019)
Un’analisi a margine del convegno di maggio scorso di Leone Lavoro “Il futuro del lavoro, i lavori del futuro: l’età delle scelte”.
Il quadro della situazione
Voci contrastanti e sempre più preoccupanti si levano e susseguono ovunque:
– i laureati se ne vanno dall’Italia (cfr. dati Istat 2018)
– “essere precari stanca” (motto dei nativi precari, ovvero dei giovani rassegnati)
– nel settore industriale in Italia mancheranno circa 280.000 tecnici nei prossimi 5 anni (dati Assolombarda 2018)
– Italia penultima nella UE per laureati (Corriere della Sera del 10/04/2018).
Il quadro nefasto è tracciato anche su alcuni muri di cantieri in via Meravigli, con la scritta: “scuola + lavoro=schiavitù”.
Sembra certo che molti dei lavori attuali spariranno e saranno sostituiti da altri ma non si sa in quale misura. Un primo calcolo indica che in ogni caso il 44% dei lavoratori cambierà lavoro nei prossimi 10 anni.
Globalizzazione, internazionalizzazione, digitalizzazione, robotica, internet delle cose, intelligenza artificiale, machine learning… : tutte queste variabili, unite alla situazione economica generale non brillante, non possono che far riflettere sulle scelte di studio e di lavoro sia dei giovani liceali e universitari sia dei lavoratori meno giovani che, attraversando
questa fase turbolenta della società, rischiano una precoce obsolescenza professionale.
Si calcola che siano circa 3 milioni i lavoratori anziani con malattie croniche – e l’allontanamento dell’età della pensione certo non aiuta a gestire al meglio la situazione
Le scelte di studio
Confindustria sta da tempo spingendo i giovani verso una scelta di studio cosiddetta STEM (ovvero verso materie scientifiche, tecniche, ingegneristiche e matematiche) e verso gli ITS (Istituti tecnici superiori-post diploma) che in Italia producono circa 8000 diplomati all’anno contro gli 800.000 della Germania.
Dall’altra parte, il tema delle cosiddette soft skills (competenze trasversali, in esempio: leadership, efficacia relazionale, teamworking, problem solving), dei talenti e delle competenze che danno valore al capitale umano resta fondamentale per la creazione di valore in azienda e nella società tutta. E qui le discipline umanistiche possono ben dire la loro.
Tutto questo porta a quell’ormai abusato termine di mismatch tra domanda e offerta; tra quello che le aziende chiedono e quello che i vari candidati hanno studiato. In pratica il tema è: come costruire, in modo sostenibile, l’occupabilità delle persone?
Continueremo a rifletterci, insieme, nell’ottica di quanto Papa Francesco ha ricordato ancora nel 2015: “Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto di tutti!”
Spunti di riflessione
- Paolo Crepet (psichiatra e sociologo, dalla rivista ManagerItalia di marzo 2018): “Il lavoro non lo si cerca e basta ma lo si inventa. Il lavoro non lo si esegue e basta ma lo si innova ogni giorno, il lavoro non è sedentarietà ma moto continuo ed esercizio di immaginazione. Il lavoro necessita di ambizione; quando si sono raggiunti gli obiettivi è già tardi, occorre aver già immaginato i prossimi”
- Circolare 4244 di marzo 2018 del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) con oggetto la “Promozione di un percorso di Educazione all’imprenditorialità nelle scuole secondarie di secondo grado” affinché le competenze di imprenditorialità possano affiancare le competenze disciplinari nel secondo ciclo di istruzione, per far sì che i giovani diventino cittadini attivi, creativi e dotati di spirito di iniziativa.
- Silvio Garattini, da il Sole 24 ore del 13 maggio 2018: “Più scienza nella scuola. Dall’asilo all’università è necessaria una profonda modifica dei programmi scolastici, mettendo sullo stesso piano quanto a dignità, utilità e impegno richiesto l’insegnamento scientifico e l’insegnamento umanistico”
Insomma, si può concludere con un detto di Mao Tse-Tung: “Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente”
Bruno Goatelli
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