Coronavirus, parla il dott. Gianluigi Manca

Mi è stato chiesto di commentare la attuale situazione di emergenza dal punto di vista psichiatrico e psicanalitico.

Lo faccio molto volentieri perché personalmente mi sento emotivamente molto coinvolto nella situazione attuale.

La paura

Ho paura, non mi vergogno a dirlo.

Credo che sia importante non vergognarsi di avere paura, non vergognarsi di sentire ansia in questo specifico momento.

Io non mi ritengo una persona particolarmente paurosa. In 40 anni di carriera di psichiatra ho corso giocoforza parecchi rischi: ma anche in situazioni acute di pazienti particolarmente agitati, in genere riuscivo a restare calmo e a non farmi sopraffare dalla paura.

Inoltre in un episodio specifico, al di fuori della mia professione, mi sono accorto di avere una certa freddezza e un certo controllo. Sono scampato il 2 agosto del 1980, per circa un minuto di tempo e 100/200 metri di spazio, all’attentato alla stazione di Bologna che causò 85 morti.
Sono uscito dal sottopassaggio, quello che è crollato, ho percorso 50/100 metro; poi è esploso tutto. Tutti abbiamo cominciato a correre fino alla all’uscita della stazione, in fondo al marciapiede, ho girato a destra e mi sono reso conto che era andata bene. In quella situazione non ho sentito “paura”. Ero “preoccupato” perché non avevo ancora ritrovato la mia fidanzata (che sarebbe diventata ed è tuttora mia moglie) – quindi ero “preoccupato per lei”, non per me, e desideravo restare in quel piazzale per cercarla. La piazza era piena di curiosi. Ad un certo punto la polizia col megafono ha esortato ad allontanarsi dal piazzale perché – ci dissero – c’era un’altra bomba. Ebbi la freddezza di notare che nel centro del piazzale sostavano due camion pieni di poliziotti. Ricordo di aver pensato che i poliziotti in genere sono persone coraggiose, spesso eroi, ma non sono stupidi: se stavano lì in mezzo al piazzale voleva dire che non c’era nessuna bomba e che l’annuncio era stato fatto per sgombrare il piazzale dai curiosi. E decisi di rimanere.

Non ho raccontato questo per vanto ma per dire che non sono una persona che si spaventa facilmente. Però, ecco, attualmente sono spaventato e a volte sono andato in ansia per questa situazione.

Per affrontare questo momento credo sia importante – sia per esperienza personale attuale che per esperienza clinica con i miei pazienti – accettare le proprie debolezze, le proprie paure, i propri bisogni.
L’accettazione dei propri lati deboli è qualcosa che ci rinforza.

Gli altri

In realtà la capacità di ammettere di avere bisogno degli altri, dell’aiuto e dell’ascolto degli altri, e dello sfogo con gli altri è qualcosa di molto difficile: ci vuole coraggio per per farlo.

Ricordo un paziente che seguivo in psicoterapia, era una persona molto seria, lo si definirebbe un “duro” che non si faceva mai mettere i piedi in testa, mostrava un’immagine molto forte di se stesso. Era molto bravo sul lavoro ma anche un po’ prepotente. Ad un certo punto della sua vita quest’uomo si trovò a fronteggiare una grave malattia molto invalidante. Il lavoro con lui fu proprio quello di aiutarlo ad accettare di avere bisogno, di capire che l’accettazione delle proprie debolezze, delle proprie ansie e dei propri timori è qualcosa che in realtà ci rende più forti.
E così fu per lui. Superò quella malattia e si ritrovò più forte di prima, proprio attraverso l’accettazione, che era stato costretto ad avere, della propria situazione di debolezza e di bisogno di aiuto.

Quindi il mio consiglio è: non vergogniamoci di avere paura di sentirci a disagio in questa situazione.

Dobbiamo – questo sì – non farci prendere dal panico. Dobbiamo essere razionali nel momento in cui mettiamo in atto tutte le misure che ci vengono quotidianamente ricordate per rallentare, frenare e combattere il la pandemia.

Ma non dobbiamo vergognarci se questa situazione ci porta del disagio psicologico. Questo vale per le persone confinate in casa e per tutti coloro, sanitari o addetti ai servizi essenziali, che sono ogni giorno in prima linea di fronte al “nemico”. Dai medici ai commessi dei supermercati.

Il diniego

È molto importante anche ricordare che esiste un altro modo di difendersi da questa paura: il diniego.

Le persone che vanno in giro quando non si potrebbe, che vanno in giro senza mascherina, che non mantengono le distanze, che fanno finta che non esista questo problema. Queste persone non sono coraggiose, stanno proprio mettendo in atto una dei più antichi meccanismi di difesa dell’essere umano: il diniego. “Io nego che questa cosa esista e così supero ogni paura”: questo è un qualcosa che non serve alla persona e soprattutto porta un pericolo per la collettività.

Sarebbe importante avere un’informazione molto attenta e precisa su quello che sta succedendo, su cosa sia questa pandemia, sui rischi che realmente corriamo. Un’informazione corretta e completa in questi casi è fondamentale. Ognuno di noi ha diritto ad averla.

Una guerra?

Un pensiero conclusivo. Si tende a paragonare la situazione attuale con quella della guerra. Ho letto una battuta che voleva essere spiritosa: “Noi in fondo siamo fortunati, i nostri nonni li hanno mandati al  al fronte e noi ci mandano sul divano”.

Ho sentito recentemente un’intervista al dottor Bazoli – non uno psicanalista ma il presidente onorario di Banca Intesa San Paolo. Una persona che ha vissuto la guerra e che ora sta vivendo questa pandemia e quindi qualcuno che possa effettivamente fare un paragone.

Ricorda come durante la guerra, da bambino, visse esperienze molto traumatiche: tra queste il doversi nascondere perché il padre era ricercato dai fascisti. Ciò che ricorda è che sapesse, identificasse chi fosse il nemico; oggi – riflette – non sai chi sia il nemico, non sai dove si trovi, e quasi ti può arrivare addosso da uno sconosciuto, da un familiare, da un amico… e tutto ciò genera un clima paranoico e quindi molto faticoso.

Mettiamo in atto tutte le misure necessarie per evitare il diffondersi della malattia – ma rendiamoci conto che possiamo sentirci a disagio e non c’è nulla di male in questo. Parlarne, sfogare queste preoccupazioni non è un qualcosa di infamante è solo qualcosa di estremamente utile.

L’ansia

Da vecchio psichiatra mi verrebbe da dare un consiglio molto poco psicanalitico, che sarebbe quello di chiedere al proprio medico indicazioni per qualche tranquillante minore, se l’ansia si fa troppo forte. L’ansia non è qualcosa che si può “lasciar galoppare”.

Non dobbiamo dire a noi stessi: “io sono forte e ce la farò”. Dobbiamo accettarci e dirci che “anche se io ho delle fragilità, accetto queste fragilità e proprio l’accettazione di queste fragilità mi permetterà di uscire da questa situazione.”

L’essere confinati in casa

Poi c’è il problema della restrizione della libertà personale, quindi del non poter uscire, dall’essere confinato in casa.

Chi è solo sicuramente soffre di più, ma anche i giovani, magari fidanzati ed ognuno bloccato a casa propria, senza potersi incontrare tra loro e con gli amici – anche loro vivono una situazione faticosa. Cerchiamo di essere comprensivi con i nostri figli in questo momento, magari possono essere sono un po’ scontrosi, cerchiamo di non stupirci troppo.

E poi ci sono le coppie, marito e moglie magari da tanti anni, che sono messi alla prova, devono convivere forzatamente per un numero di ore superiore al solito, fino alle 24 ore giornaliere, se entrambi non lavorano.

Dobbiamo capire che sia noi che la persona con cui siamo sposati, siamo entrambi in difficoltà: quando la convivenza è maggiore di quella che c’è di solito si verifica proprio il problema della convivenza forzata con la propria metà, per un numero di ore superiore a quella cui siamo abituati.

Bisogna cercare di tener presente questa situazione e cercare di capire che certe che certi dissapori possono essere alimentati da questa convivenza forzata.

E quindi

Possono esserci molti altri aspetti di questa strana vita “ai tempi del colera”, per dirla con Garcia Marquez.
Ciò che mi permetto di consigliare è di cercare di muoversi con buon senso, di accettare le proprie debolezze, di capire che non siamo super-eroi ma esseri umani; capire che stiamo attraversando un periodo realmente eccezionale per cui è normale che si possa sentire del disagio; e allora cercare una persona con cui sfogare e poter parlare; e cercare di capire le persone che ci stanno vicino e che sono confinate con noi nei nostri appartamenti, e cercare di capire che anche loro stanno come noi – e magari anche peggio; e quindi cercare di avere una certa sopportazione.

Infine, seguire il più possibile le regole di comportamento – ma questa non è psicoanalisi, è civiltà. La prevenzione è una delle poche armi che in questo momento abbiamo per fermare questa pandemia.

E concludo: ricordiamoci di pregare Nostro Signore, cercare il suo conforto e il suo aiuto.

Gianluigi Manca
Psichiatra e psicoterapeuta
Ex-Alunno maturità 1975

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